Mancano poche settimane per il voto referendario per gli italiani all’estero. I plichi stanno arrivando nelle case degli italiani con diritto a voto inviati da tutte le ambasciate nel mondo.
Si moltiplicano in questi ultimi giorni utili, gli eventi informativi dei vari comitati a favore del SI e del NO in tutte le città del mondo con forte presenza di connazionali residenti all’estero e iscritti AIRE (bisogna assicurarsi che il Consolato abbia l’indirizzo corretto dell’elettore per poter spedire il plico elettorale, e di cittadini italiani temporaneamente all’estero che hanno comunicato per tempo ( entro il 2 novembre) la loro intenzione di votare senza dover rientrare in Italia.Gli elettori residenti all’estero che, entro quattordici giorni dalla data della votazione in Italia, non abbiano ricevuto a casa il plico con la scheda, possono farne richiesta presentandosi di persona al proprio Consolato.
L’elettore, ricevuto il plico con la scheda:
- a) esprime il proprio voto sulla scheda referendaria: il voto è espresso tracciando un segno sulla risposta prescelta e, comunque, nel rettangolo che la contiene;
- b) introduce la scheda nella relativa busta piccola e la chiude;
- c) inserisce, nella busta grande affrancata, il tagliando staccato dal certificato elettorale (comprovante l’avvenuto esercizio del diritto di voto) e la busta piccola contenente la sola scheda;
- d) spedisce, infine, il tutto al Consolato competente.
Saranno considerate valide le buste pervenute al Consolato entro le ore 16, ora locale, del giovedì antecedente la data stabilita per la votazione in Italia, e quindi entro giovedì 1° dicembre 2016 (art. 12, comma 7, della legge n. 459 del 2001).
Il voto estero per questo referendum costituzionale ha assunto nelle ultime settimane una valenza probabilmente storica per gli italiani all’estero. Infatti le iniziative informative, dei comitati per il SI e per il NO, sono molteplici in tutte le aree del mondo e sopratutto in Europa e Sud America dove vive la maggioranza degli italiani all’estero.
A Madrid sono in programma due eventi organizzati dai comitati per il SI e per il NO
Il Comitato per il NO, Spagna di Madrid ha organizzato un evento informativo per giovedì 10 novembre con inizio alle ore 19,30, presso l’hotel SERCOTEL SUITES C/ Juan Alvarez Mendizabal, 17, 28008 Madrid (metro Plaza España) con la partecipazione del Vicepresidente della Camera del deputati Luigi di Maio (M5S), la Senatrice M5S Ornella Bartorotto e il deputato M5S Daniele Del Grosso. Contatto: Alberto Caltabiano, email: albertsicily@hotmail.com
Il Comitato per il SI, Spagna di Madrid ha organizzato un evento informativo per venerdì 11 novembre con inizio alle ore 18.00 presso la Libreria Caffè Italiana Madrid, C/ Corredera baja de San Pablo, 10, 28004 Madrid ( Metro Callao) con la partecipazione del deputato del PD eletto all’estero, Alessio Tacconi. Contatto: Comitato: Andrea Betti, email: bastaunsispagna@googlegroups.com
Le ragioni dei comitati del SI e del NO di Madrid si possono leggere a continuazione grazie ai contributi ricevuti dalla redazione.
COMUNICATO DEL COMITATO PER IL SI SPAGNA
Verso una democrazia matura: diamo una opportunità al cambiamento
Il 4 dicembre l’Italia vota sulla riforma della seconda parte della Costituzione, quella che che regola il funzionamento dei poteri della Repubblica. Contrariamente a quanto argomentato da molti esponenti del No, in gioco non vi sono il lavoro o la crescita, nè il ruolo delle banche, nè la crisi dei rifugiati. Tali importantissime questioni hanno a che vedere con le politiche pubbliche e, come tali, dipenderanno dal tipo di maggioranze democratiche che gli elettori sceglieranno nei prossimi anni. In gioco vi è però qualcosa di ugualmente prezioso, che riguarda tutti: il tipo di democrazia che vogliamo per l’Italia.
Siamo consapevoli che la riforma perfetta non esista, nè tanto meno il sistema democratico perfetto. Ogni Paese ha la sua storia e deve cercare nella propria esperienza il sistema democratico più congegnale affinchè le istituzioni funzionino con efficacia e i cittadini si sentano rappresentati.
L’esperienza italiana ci indica che quello che è sempre mancato nel nostro Paese è la capacità di immaginare una democrazia competitiva, basata sull’alternanza delle forze politiche. Le irrisolvibili diffidenze dovute all’imminente inizio della guerra fredda obbligarono le forze politiche post-guerra mondiale a disegnare un sistema politico che limitasse al minimo la possibilità di alternanza e che permettesse la partecipazione, diretta o indiretta, nella gestione del potere ad un ampio numero di partiti. Il bicameralismo perfetto – due camere con identiche funzioni – fu il principale prodotto di un compromesso che prevedeva che i futuri governi avrebbero dovuto essere deboli e basati su accordi consociativi fra molti attori politici. Molti dei padri costituenti più celebrati mettevano in luce già durante i lavori dell’ Assemblea Costituente (1946-8) come fosse necessario immaginare dispositivi costituzionali che limitassero i possibili squilibri del parlamentarismo, fra i quali la difficoltà di formare governi stabili retti da maggioranze coerenti.
Finita la guerra fredda, il traballante bipolarismo istituito attraverso la legge elettorale del 1993 ha in alcuni casi significato un passo avanti dal punto di vista dell’alternanza delle forze, ma ha anche messo a nudo tutte le debolezze di un sistema immaginato per non essere competitivo.
Mentre in molti stati europei si istituivano con successo democrazie dell’alternanza basate su una più efficiente distinzione dei ruoli fra maggioranza e opposizione, in Italia il tempo è passato discutendo di come migliorare gli squilibri del sistema politico. Da più di trent’anni, dalla formazione della prima Commissione Bicamerale del 1983, in Italia si cerca di riformare la seconda parte della Costituzione.
Nel frattempo i cittadini ne hanno pagato il prezzo: governi instabili o di breve durata; risultati elettorali divergenti fra Camera e Senato; necessità di ricorrere a confusi esecutivi di “larghe intese” fra forze politiche alternative, a volte opposte; scarsissima capacità di controllo da parte dell’elettore sugli accordi post-elettorali.
Il 4 dicembre non si eliminano, con un colpo di bacchetta magica, tutte le disfunzioni del sistema politico. Si creano però le condizioni per un sistema politico più comprensibile e funzionale.
Votando Sĺ il 4 dicembre, si supera il bicameralismo paritario, eliminando l’obbligo per il governo di ottenere la fiducia tanto alla Camera quanto al Senato. A chi dice che la riforma corrisponde ad un tentativo di limitare la rappresentanza rispondiamo che in una democrazia va trovato un equilibrio virtuoso fra rappresentanza e governabilità. In una democrazia matura, è necessario dotare il Parlamento della fondamentale capacità di eleggere governi stabili che possano a loro volta essere giudicati dagli elettori. In molte democrazie il Senato serve a rappresentare i territori – le Regioni, i Comuni – lasciando alla Camera la rappresentanza politica e la responsabilità di nominare il governo.
Con la modifica del titolo V della Costituzione, si chiariscono finalmente le rispettive competenze fra Stato centrale e Regioni. È la possibilità concreta di mettere fine alla ambigua “competenza concorrente” che ha generato un quindicennio di duplicazioni, conflitti e ricorsi alla Corte Costituzionale.
Infine, grazie alla riforma, l’opposizione vedrà aumentato il proprio protagonismo in parlamento grazie, per esempio, alle nuove procedure che la renderanno imprescindibile per eleggere gli organi di garanzia, come i giudici della Corte Costituzionale e il Presidente della Repubblica.
Votando Sĺ il 4 dicembre l’Italia sceglie una democrazia nella quale la maggioranza ha la possibilità di formare un governo ragionevolmente stabile e la minoranza di criticarne l’operato con l’obiettivo di presentarsi nuovamente agli elettori per sostituirlo.
Il 4 dicembre possiamo scegliere una democrazia più matura.
Il 4 dicembre, diamo un’opportunità al cambiamento!
Comitato BastaUnSI Spagna
COMUNICATO DEL COMITATO PER IL NO SPAGNA
Ragioni per dire No al referendum costituzionale del 4 dicembre 2016
La Costituzione Repubblicana è la casa comune di tutti gli italiani. È un patto di civile convivenza fra uomini liberi nato dall’incontro tra le tante culture che la alimentano, allo scopo di impedire qualsiasi tentazione e pratica autoritaria. È il frutto della lotta di Liberazione contro il nazifascismo, un punto culminante della storia del nostro paese.
Oggi, un Parlamento eletto con una legge incostituzionale pretende cambiare la Costituzione in ben 40 articoli.
Non pensiamo che la Costituzione non possa essere cambiata né che sia sacra, ma questa riforma non è né buona, né opportuna. Stravolge la centralità del Parlamento a favore di un rafforzamento dell’esecutivo che la nuova legge elettorale rafforza ulteriormente. Inoltre, non supera totalmente il bicameralismo perfetto, né riduce in modo considerevole i costi della politica. Senza tralasciare il caos istituzionale che produrrebbe, e che le difficoltà di attuazione comporterebbero più svantaggi che benefici.
Una democrazia non si giudica dai poteri che attribuisce al partito di governo, ma dal rispetto del pluralismo e dalla tutela dei diritti sociali e delle minoranze politiche.
Le carenze politiche che caratterizzano la politica italiana non possono essere superate a colpi di riforma costituzionale. Inoltre, in un periodo delicato come quello che attraversano attualmente gran parte delle democrazie europee, un rafforzamento del governo e una legge elettorale che conferisce un premio di maggioranza al partito più votato può divenire facilmente uno spazio fertile per derive autoritarie.
Il testo della riforma costituzionale è stato approvato da un Parlamento eletto con una legge incostituzionale e con l’apporto decisivo e determinante di parlamentari eletti con un premio di maggioranza illegittimo. Inoltre, tutta la campagna referendaria è stata fin qui caratterizzata da un clima e da toni che si distanziano da quelli di un dibattito aperto e inclusivo.
Qui di seguito elenchiamo alcune delle ragioni per dire no alla riforma costituzionale del 4 dicembre:
– Un governo deve tacere su una riforma costituzionale e non può esserne unica parte promotrice e sostenitrice. La Costituzione è la casa comune di tutti gli italiani, non di una maggioranza politica.
– La riduzione dei poteri del Parlamento e la nuova centralità del Governo stravolgono il dettato costituzionale e, unito alla nuova legge elettorale, può portare a derive autoritarie.
– La riforma non riduce i costi della politica. La costituzione del 1948 non stabilisce il numero di deputati e dei senatori, ma è la legge costituzionale numero 2 del 1963 a fissarne il numero. Una riduzione del 10% di tutte le indennità comporterebbe un risparmio maggiore della proposta di riduzione il Senato a 100 membri dai 315 attuali, e questo può essere fatto con una semplice legge costituzionale.
– Il Senato è un organo rappresentativo, quindi i suoi membri non dovrebbero essere nominati, e deve essere un organo di rappresentanza delle autonomie locali.
– Le carenze politiche non si risolvono con riforme costituzionali portate avanti a colpi di maggioranza.
– La Costituzione del 1948 fu pensata dai costituenti contro la possibile instaurazione futura di un regime totalitario. La riforma, al contrario, rafforzerebbe fortemente i poteri del governo a discapito del Parlamento.
– La Costituzione è stata modificata per ben 20 volte nella storia della nostra Repubblica, quindi la vittoria del no non comporterebbe l’impossibilità di revisioni in futuro.
Per tutto ciò invitiamo tutti i cittadini che hanno diritto ad andare a votare. Ogni voto è fondamentale.
Il referendum costituzionale non richiede la partecipazione di un numero minimo di cittadini aventi diritto al voto perché il risultato sia valido. L’esito si stabilirà sulla base di una maggioranza semplice, vale a dire vincerà l’opzione che riceve più voti.
Comitato per il No al Referendum Costituzionale – Spagna
Il quesito Referendario ( Fac- Simile)