MADRID – “Chi sceglie la nostra scuola non lo fa per la lingua ma per il sistema educativo. Il sistema normativo italiano insegna a pensare. Può sembrare un’espressione forte, trattandosi di bambini di tre, quattro o cinque anni. Forse esagerata… ma è così. Ai tempi del franchismo la nostra scuola era un’isola, un’oasi di libertà. Tante famiglie spagnole, che professavano ideologie diverse e contrarie al regime, iscrivevano i figli alla nostra scuola. La consideravano una incubatrice del pensiero libero”. L’avvocato Maurizio Di Ubaldo, presidente dell’Associazione Scuola Materna Italiana si è espresso in tono pacato, senza sussulti quasi stesse affermando una ovvietà. Ci riceve nell’ufficio della Direttrice della Scuola Materna, Silvia Guarnieri, che l’accompagna.
– La nostra è un’associazione senza fine di lucro – ha spiegato -. La sua fondazione – precisa quasi volendo distinguere la “materna” dalla Scuola Statale Italiana nata a cavallo degli anni ’30 e ’40 – risale al 1994. Nacque su iniziativa della Camera di Commercio Italiana per la Spagna, del Comites, della Società Italiana di Beneficenza e di alcuni membri della nostra comunità. La Scuola Materna accoglie bambini dai tre ai cinque anni. Possiamo affermare che è il vivaio della Scuola Statale Italiana, che va dalle elementari al liceo.
Ha sottolineato che la Scuola Statale Italiana è paritaria. Ovvero, “funziona seguendo le direttrici didattiche dello Stato Italiano”. E, in effetti, il Direttore Didattico, assegnato dal Ministero, è il preside Massimo Bonelli.
– I nostri bambini – ha commentato – iniziano a frequentare la “materna” ai tre anni. Poi proseguono il loro percorso: le elementari, le medie e quindi il liceo.
– In altre parole, la scuola materna è parte integrante della scuola paritaria…
– Sì – ha ammesso -, ne è parte pur avendo un’autonomia finanziaria.
– Quanti alunni avete?
– In questo momento – ha affermato – 173. C’è stata una flessione, che attribuiamo alla pandemia. Il numero di allievi ha sempre oscillato tra i 190 e i 195 bambini.
– I bambini, a casa, parlano probabilmente lo spagnolo. Presumiamo che quella sia la loro lingua veicolare. Poi vengono a scuola e devono relazionarsi con un mondo in cui si parla italiano. Come fate a conciliare questa realtà, quali problemi didattici vi presenta?
Ci ha risposto la Direttrice della scuola materna, Silvia Guarnieri. Lo ha fatto con una premessa che dice molto sulla qualità umana dei bambini, dai quali noi adulti avremmo molto da imparare:
– La scelta della lingua parlante è dei bambini. Tra loro, nonostante a scuola con le maestre parlino in italiano, si comunicano in spagnolo. Però, e lì si vede la grande spontaneità dei bambini, se c’è un alunno arrivato dall’Italia e che quindi non conosce lo spagnolo, tutti iniziano a parlare in italiano. Si crea una sorta di solidarietà. In realtà, quindi, sono i bambini ad insegnarci come affrontare questo tema. Sono loro che spontaneamente scelgono la lingua. Se ci rispondono in spagnolo, non li correggiamo. Consideriamo che, soprattutto a questa età, sia importante rispettare la loro decisione perché è quella che sicuramente li farà sentire più comodi.
Ha spiegato che, per un’insegnante, “è importante capire quando c’è bisogno di un rinforzo della lingua italiana e quando è necessario ripetere un concetto, in particolare con i bambini che non hanno una familiarità con la lingua italiana”.
– In una scuola con un dualismo linguistico molto forte – ha ricalcato Guarnieri -, quello che meno ci deve essere è rigidità da parte degli insegnanti.
Di Ubaldo ha aggiunto che, quando fanno il salto alle elementari, “i bambini hanno una buona conoscenza della lingua italiana; una conoscenza che permette loro di dare i primi passi verso l’educazione superiore”.
– Bisogna tener presente – ha commentato – che ci sono bambini di famiglie completamente spagnole; bambini di famiglie miste e bambini di famiglie italiane. I bambini di famiglie italiane, la lingua ovviamente già la conoscono. Semmai vengono ad apprendere lo spagnolo che imparano subito. I bambini sono molto versatili.
– A quell’età sono una spugna, recepiscono subito tutto…
– Ho una nipote – ci ha commentato sorridendo Di Ubaldo -. Il padre, mio figlio, è italiano; la madre, invece, è spagnola. Vivono a Dublino. La lingua veicolare, per lei, è l’inglese. Io e mio figlio le parliamo in italiano, la madre in spagnolo. Lei capisce tutto, ma risponde in inglese… è quella la sua lingua veicolare.
– È quella sociale… – ha aggiunto Guarnieri -, quella che aggrega.
Famiglie spagnole, italiane, miste
Calle de Río Rosas, tra Calle Modesto Lafuente e Calle de Betancourt: 8:30 del mattino. Comincia un via vai di mamme, papà e, soprattutto, bambini e adolescenti; è l’affollarsi chiassoso presso l’ingresso della “Scuola Statale Italiana di Madrid”. La scena si ripete giorno dopo giorno. Anche gli schiamazzi, le grida di allegria e le raccomandazioni dei genitori, che quasi sempre cadono nel vuoto. Poi, a poco a poco, torna la calma; una calma rotta a volte dal brontolio di qualche auto o dal ruggire di una moto; altre, dal cinguettio gioioso degli uccelli che trovano riparo nei rami degli alberi del viale; ed altre ancora, dal brusio del vento che gioca a muovere le foglie, sugli alberi, in primavera, e a terra, in autunno. Il nostro appuntamento con l’avvocato Maurizio Di Ubaldo e la Direttrice Silvia Guarnieri coincide con una giornata uggiosa. Attraversiamo il cortile bagnato da una acquerugiola timida, quasi timorosa, ma insistente.
– Figli di famiglie spagnole, italiane, miste… Che difficoltà si creano a dover interagire con nuclei familiari che hanno culture e tradizioni in apparenza molto simili ma, in realtà, tanto diversi?
Alla nostra domanda ha risposto Di Ubaldo:
– Mettiamo in campo la diplomazia del buon fare. Io mi dedico soprattutto all’amministrazione. In realtà, dei rapporti con i genitori si occupa la direttrice. Comunque – ha aggiunto senza nascondere la propria soddisfazione -, dobbiamo dire che il nostro bigliettino da visita, la chiave che unisce queste realtà diverse, è l’eccellenza educativa. Questo è il vero comune denominatore; ed è la ragione per la quale, in alcuni periodi, abbiamo avuto, tra gli iscritti, più bambini di famiglie spagnole che di quelle italiane. Sono famiglie che credono e scommettono su una un’educazione libera, aperta e tollerante, Noi insegniamo sia i valori dell’educazione e della cultura italiana, che chiaramente è preminente, sia quelli delle tradizioni e della realtà culturale spagnola.
– Quindi è un motivo di arricchimento…
– È una fonte di ricchezza immensa – ha sottoscritto, ricalcandone l’importanza con il tono di voce, la Direttrice -. Noi siamo già diversi di per sé, perché siamo persone che parlano un’altra lingua… Questa diversità – ha sostenuto dopo una breve riflessione – è uno dei motivi per cui la scuola non ha mai scelto l’obbligo dell’uniforme. È un aspetto che colpisce molto le famiglie spagnole. Nella maggior parte delle scuole locali è d’obbligo. Noi consideriamo che uniformare i bambini sia l’antitesi del sistema educativo italiano.
Per un attimo, pensiamo a quando da bambini andavamo a scuola col grembiulino, nero o azzurro, e il colletto bianco, a volte inamidato; un grembiulino che ci ha accompagnati fino all’inizio delle scuole medie. Allora, solo allora, con gran gioia potemmo finalmente disfarcene e mostrarci come veramente eravamo. Ricordiamo anche, senza molta nostalgia a dir la verità, gli anni del liceo trascorsi presso la “scuola Agustín Codazzi” a Caracas e l’uniforme impostoci con rigidità quasi militare dalla Direzione: camicia bianca, con lo stemma dell’istituto, e pantaloni beige. La giustificazione, tanto puerile quanto ipocrita, sempre la stessa: evitare che si potessero evidenziare le differenze sociali tra gli alunni. In altre parole, nascondere la polvere sotto il tappeto perché queste differenze, comunque, anche se apparentemente sottratte alla vista continuavano ad esistere. Erano lì, alla vista di tutti. Infatti, c’erano famiglie che potevano acquistare l’uniforme al negozio che ne aveva l’esclusività e quelle che, invece, per risparmiare acquistavano pantaloni e camice, alle quale cucivano poi lo stemma della scuola, ai grandi magazzini. È stata la voce della Direttrice Guarnieri a ricondurci alla realtà:
– Per noi – ha sottolineato – essere diversi è una cosa importante. Rende ognuno di noi unici. Questo è il messaggio che trasmettiamo quotidianamente sia ai bambini sia ai genitori. C’è diversità anche nel sistema educativo… – ha indugiato prima di proseguire:
– In Spagna si insegna a leggere e a scrivere nella scuola dell’infanzia. In Italia, no. Nel sistema educativo italiano si crea una struttura affettiva, psicologica, emotiva forte che permette farlo, poi, in due lingue contemporaneamente. Nel caso di questa scuola, dalla prima elementare in avanti. Il nostro obiettivo fondamentale è quello di far crescere l’autostima nei bambini, per permettere loro di affrontare i successi e i fallimenti con equilibrio. Capire che non è una tragedia sbagliare, che l’errore a volte può essere un punto di partenza per scoprire nuove esperienze.
– D’altronde chi non commette errori è colui che non fa nulla…
– Assolutamente, sì.
– Parliamo ora dei professori, sono assunti localmente o vengono direttamente dall’Italia? Nel caso che siano professori provenienti dall’Italia, hanno la sensibilità per capire la dualità della realtà che vivo i nostri bambini?
– È necessario avere una maggiore un’apertura – ha ammesso -. Il nostro corpo docente è formato da insegnanti italiani contrattati in loco. Quindi, stabilmente residenti in Spagna da tanti anni. C’è, poi, come diceva il Presidente, l’insegnante inviato periodicamente dal Ministero… ogni sei anni. Può accadere che venga dall’Italia o da qualche altro Paese dove era in servizio.
La Direttrice ha commentato che, comunque, neanche in Italia c’è un sistema omogeneo. Ed è vero, la scuola in Lombardia non è uguale a quella in Sicilia. Le differenze locali agiscono ovviamente sulle realtà scolastiche.
– All’inizio – ha ammesso Guarnieri – si nota una certa difficoltà a adattarsi. Soprattutto perché provengono dalla scuola pubblica e si ritrovano ad agire in un contesto diverso: una scuola a gestione privata.
– Aggiungo che, per tutto il nostro personale – è intervenuto Di Ubaldo -, non c’è praticamente rotazione. Ci sono insegnanti che hanno iniziato nel 1994, appena laureate alle Scuole Magistrali. Siamo stati sempre molto attenti ad assumere personale temporale. C’è da ricalcare che i docenti fanno ogni anno corsi di formazione e di aggiornamento – ha affermato -. La scuola, poi, è in contatto con altre realtà italiane, per l’interscambio di esperienze. Ciò è garanzia di un’educazione di eccellenza; un’educazione sempre attenta ai cambiamenti.
Una decisione importante
Difficile, delicata. È una scelta che inciderà in maniera determinante sul futuro dei propri figli. Per questo, al momento di decidere, si sente tutto il peso della responsabilità. Le ragioni per le quali un genitore italiano radicato in Spagna possa scegliere una scuola italiana per i propri figli è facilmente intuibile. Da un lato c’è il pensiero di un ritorno in Patria; dall’altro, la giustificazione affettiva verso la terra in cui si è nati. Meno comprensibili sono le motivazioni che possano spingere una coppia spagnola a preferire il sistema educativo italiano a quello locale, inglese o francese. In stretta sintesi, qual è il profilo dei genitori che scelgono la scuola italiana? La decisione potrebbe essere motivo di conflitto in seno ad una famiglia mista?
– A volte, in effetti, il conflitto esiste – ha ammesso Guarnieri muovendo affermativamente la testa -. Al momento delle iscrizioni, ci sono colloqui preliminari con le famiglie. A differenza di altre scuole, abbiamo deciso, negli ultimi anni, di non celebrare l’“Open Day”. Lo consideriamo dispersivo. Preferiamo il colloquio individuale che permette alla famiglia di rivolgerci domande di tutti i tipi. E, a noi, di dare le risposte giuste. Il discorso generico, trattandosi di bambini, non vale… ogni bambino è un mondo. Le famiglie, a volte – ci ha detto sorridendo -, arrivano con terrore… soprattutto quando il papà è italiano e la mamma è spagnola. Il matriarcato in Spagna è molto forte. Quindi, c’è il papà, che esprime tutti i suoi timori con un linguaggio non verbale, e c’è la mamma, curiosa e a volte, perché no, con pregiudizi. Talvolta i papà chiamano di nascosto per dirci: “guardi che deve convincere mia moglie”. Io, in realtà, non convinco nessuno. La scuola lo fa da sola. La nostra filosofia di non insegnare a leggere e a scrivere crea diffidenza. Per gli spagnoli è un contrasto molto forte che porta al paragone. Noi mamme che in genere abbiamo sempre difficoltà e ci assumiamo le responsabilità di tutto quanto accade ai nostri figli… ci sentiamo maggiormente coinvolte…
– Anche i papà, comunque… anche se non sempre lo dimostriamo…
– Si, ha ragione – ha affermato non molto convinta -. Parlo molto più spesso con mamme che con papà. Comunque, molte mamme temono il paragone: mio figlio a quattro anni non sa né leggere né scrivere mentre gli altri bambini, quelli del condominio, il figlio di mio cugino, o degli amici, già scrivono e leggono. Poi gli spieghi che leggere e scrivere è un processo naturale che arriva con calma, da solo. Tant’è così che, anche se non lo insegniamo, i nostri bambini a cinque anni leggono e scrivono spontaneamente. Quando, poi, parlando con altri genitori si rendono conto che non vendiamo fumo, cominciano a incuriosirsi. C’è da dire che nessuno sceglie la nostra scuola per l’italiano. Sarà pure una lingua elegante, ma quella internazionale, quella del lavoro è l’Inglese.
– Nell’ambito umanistico, comunque, italiano e spagnolo ovviamente primeggiano…
– La scelta di questa scuola – ha ribadito Di Ubaldo – non è per la lingua. È la scelta di un sistema. Le famiglie spagnole, le famiglie miste, le famiglie italiane scelgono la nostra scuola per il sistema educativo.
Di Ubaldo ci ha tenuto a sottolineare che la Scuola Statale Italiana di Madrid è l’unica all’estero ad avere la certificazione di qualità ISO 9001. Ci ha detto, poi, che due anni fa ha vinto il “Premio Eccellenza Educativa nelle Scuole Bilingue in Spagna”, grazie “alla grande professionalità dei docenti”.
– Siamo molto attenti ai cambiamenti della società e del sistema educativo – ha aggiunto -. Ciò ci ha portato a istituire lezioni di robotica, ad avere un’attenzione particolare nei confronti dell’ambiente, ad essere tra le poche scuole con un orto scolastico dove i bambini imparano a seminare, a curare la piantina e a raccogliere i frutti. Abbiamo anche un laboratorio di riciclaggio dove s’insegna ai bambini a riciclare e a separare i rifiuti.
– Abbiamo poi una mensa scolastica – è intervenuta la Direttrice -. Il menù è tipicamente italiano. Una volta a settimana, si propongono piatti regionali. Una buona parte degli alimenti sono di origine biologica. Il nostro cuoco è italiano, un nostro ex alunno. Si fa educazione alimentare; si mangiano soprattutto verdure, tutte cucinate in modo sano, e frutta. C’è solo un fritto al mese. I motivi sono tre: il primo, perché il fritto ovviamente non è tra le cose più sane; il secondo, perché il fritto, comunque camuffa i sapori delle verdure, degli alimenti; e il terzo, perché non ricicliamo l’olio, non lo riutilizziamo mai. La mensa è un po’ il nostro fiore all’occhiello.
Costi e retta, l’equilibrio difficile
La Direttrice ha spiegato che si preferisce lavorare molto all’aperto, e l’amplio cortile d’altronde lo permette. Tra le tante attività che si propongono ci sono due ore settimanali di psicomotricità per ogni bambino, danza, giochi di musica in movimento. Insomma, come ci tiene a sottolineare, “c’è il massimo sfogo”.
– Come conciliare l’incremento del costo della vita, l’aumento dei costi che ha la scuola con il vostro desiderio di andare incontro ai genitori? Se si ha un solo figlio, il sacrificio economico è sostenibile ma se sono più di uno può non esserlo… insomma…
– Negli anni abbiamo sempre tenuto presenti le esigenze economiche delle famiglie e del personale – ha spiegato Di Ubaldo -. Cerchiamo di mantenere al minimo costi e rette. Alcune volte, purtroppo, non ci riusciamo. Comunque, il nostro impegno è sempre quello di limitare gli incrementi al necessario. Veniamo da due anni di profonda crisi. Abbiamo avuto un calo importante di alunni, che attribuiamo alla pandemia. A questo è venuto a sommarsi l’alto tasso di inflazione. Siamo convinti che il costo che devono affrontare i genitori, per iscrivere i bambini nella nostra scuola, sia molto equo rispetto alla qualità dell’insegnamento e all’eccellenza. Quindi, per dirla con una frase economica, la relazione qualità – prezzo è molto, molto alta. Ciò non toglie che siamo sempre aperti, qualora ce ne fosse bisogno, ad esaminare le richieste di ciascuna famiglia. Posso assicurare che, in quei casi in cui abbiamo accertato le difficoltà delle famiglie, abbiamo sempre provveduto ad andare loro incontro con riduzioni delle rette, con aiuti. Siamo coscienti, anzi convinti che le difficoltà momentanee di una famiglia non devono influire sull’educazione del bambino. Per concludere, speriamo l’anno prossimo di tornare ad un livello accettabile di iscrizioni. Nel frattempo, e questo ci tengo a sottolinearlo, nonostante le difficoltà economiche, non abbiamo proceduto alla riduzione del personale. Il nostro sguardo è già rivolto all’anno scolastico 22 – 23. L’invito caloroso è ai genitori che hanno bambini in età di materna. Iscriveteli alla nostra scuola che, lo affermiamo senza timore di sbagliare, è una scuola di eccellenza.
La nostra conversazione conclude con una visita alle aule, tutte molto ampie, tutte molto ariose e illuminate. Ci accolgono i visini incuriositi, l’espressione felice dei bambini dallo sguardo discolo. Inutile dire che ci assale una profonda nostalgia ed un pensiero impossibile: poter tornare indietro nel tempo!
Mauro Bafile