L’Agenzia delle Entrate ha ribadito con la sua risposta ad un interpello (n. 627) che un cittadino emigrato può acquistare o riacquistare (entro un anno dalla vendita) una prima casa in Italia in regime agevolato.
In tal caso il legislatore non ha previsto l’obbligo di stabilire (come avviene invece per i residenti in Italia) entro diciotto mesi la propria residenza nel Comune in cui è situato l’immobile acquistato. Tale principio è stabilito dalla circolare n. 19/E del 1 marzo 2001 (paragrafo 2.1.2) e confermato dalla circolare n. 38/E del 12 agosto 2005.
L’agevolazione per l’acquisto della “prima casa” consente anche agli emigrati di pagare imposte ridotte sull’atto di acquisto di un’abitazione in presenza di determinate condizioni.
Chi acquista da un privato (o da un’azienda che vende in esenzione Iva) deve versare un’imposta di registro del 2%, anziché del 9%, sul valore catastale dell’immobile, mentre le imposte ipotecaria e catastale si versano ognuna nella misura fissa di 50 euro. Se invece il venditore è un’impresa con vendita soggetta a Iva, l’acquirente dovrà versare l’imposta sul valore aggiunto, calcolata sul prezzo della cessione, pari al 4% anziché al 10%. In questo caso le imposte di registro, catastale e ipotecaria si pagano nella misura fissa di 200 euro ciascuna.
Il contribuente che sia cittadino italiano emigrato all’estero, inoltre, puo’ acquistare in regime agevolato l’immobile, quale che sia l’ubicazione di questo sul territorio nazionale. Ovviamente l’agevolazione compete qualora sussistano gli altri requisiti ed in particolare l’immobile acquistato deve essere la prima casa sul territorio nazionale.
Nella sua risposta ad interpello l’Agenzia delle Entrate ha anche chiarito di ritenere che, coerentemente alla disposizione relativa alla fruizione dell’agevolazione in sede di (primo) acquisto da parte del cittadino residente all’estero, anche in sede di riacquisto di altra abitazione sul territorio nazionale, non sia necessario ottemperare all’obbligo di adibire il nuovo immobile ad abitazione principale.
L’Agenzia ritiene infatti che tale obbligo (analogamente all’obbligo di residenza) non possa essere imposto ai cittadini che vivono stabilmente all’estero e che, pertanto, si trovano nella impossibilità di adibire la casa acquistata “a propria abitazione principale”.
La citata circolare n. 38/E del 2005, inoltre, ha chiarito che la condizione di emigrato all’estero non deve necessariamente essere documentata con un certificato di iscrizione all’AIRE, ma può essere autocertificata dall’interessato con una dichiarazione resa nell’atto di acquisto.
Giova infine ricordare che deve trattarsi di una casa di abitazione avente caratteristiche non di lusso e in assenza di altri diritti reali vantati su immobili ubicati nello stesso comune e che comunque l’acquirente non può essere titolare, neppure per quote, anche in regime di comunione legale su tutto il territorio nazionale di diritti di proprietà, usufrutto, uso, abitazione e nuda proprietà su altra casa di abitazione acquistata dallo stesso soggetto o dal coniuge con le stesse agevolazioni “prima casa” che si sono succedute negli anni.